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CRP, il mestiere di far capire la stampa 3D

Il Gruppo CRP di Modena ha due anime. Quella più tradizionale, rappresentata dalla divisione meccanica che si occupa di lavorazioni sottrattive con macchine a controllo numerico, e quella più innovativa, incarnata dalla CRP Technology che si occupa di fabbricazione additiva e stampa 3D professionale avvalendosi tra l’altro dei materiali Windform che ha messo a punto internamente.

Le richieste che arrivano al service da parte dei clienti variano molto in base al settore di provenienza.

«In ambito aerospaziale – afferma Franco Cevolini, Direttore Tecnico e CEO della realtà modeneseci richiedono le varie validazioni del settore, che sono state soddisfatte dai nostri materiali. Per esempio, nel caso dei test di outgas svolti presso un laboratorio NASA i risultati riportano la dicitura “Materials were tested in accordance to the ASTM E-595-07 standard and are considered passing”, mentre quelli svolti presso il laboratorio ESA/ESTEC di Noordwijk nei Paesi Bassi, riportano “Windform XT 2.0 ha superato le prove di outgassing ESA secondo la normativa ESA TEC-QTE 7171, basata su ECSS-Q-ST-70-02C”. Nel medicale invece la situazione è molto più fluida in quanto ogni applicazione ha le sue caratteristiche. Essendo noi primariamente impegnati nell’ambito ortesi, ci viene richiesto che i materiali Windform selezionati per queste applicazioni non causino alcuna irritazione o problematica a contatto con la pelle. A questo proposito alcuni materiali hanno superato il patch test e il test per la determinazione di metalli estraibili da liquido simulante sudore. I clienti vogliono inoltre che possiedano caratteristiche meccaniche di flessibilità e resistenza, siano traspiranti e abbiamo ottime caratteristiche di tenuta ai liquidi».

Stiamo parlando di aziende che hanno ben chiaro il potenziale dalla stampa 3D, dei suoi limiti e dei suoi pregi. Un service come CRP si scontra anche con aziende che non sono altrettanto preparate.

Prototipo funzionale del drone Tundra-M presentato al CES 2018, stampato con tecnologia SLS e con i materiali Windform SP e XT 2.0

«Le aziende italiane – ammette Cevolini – conoscono poco la stampa 3D in generale, e quella dei metalli in particolare. Quello che manca è la conoscenza delle sue potenzialità. L’errore più grave è pensare o far credere che questa tecnologia prenderà il posto di quelle tradizionali. Non è assolutamente vero. La stampa 3D di metalli è una carta in più, non è la soluzione che andrà a scalzare le tecnologie tradizionali. Per quanto riguarda specificatamente la stampa 3D con materiali compositi, secondo la nostra esperienza, è possibile suddividere le imprese in tre “tipologie”: quelle che conoscono la stampa 3D e la usano nel modo corretto, quelle che non la conoscono e quelle che ne hanno sentito parlare, e pensano che la stampa 3D sia la manna dal cielo e che possa risolvere ogni problema, e che addirittura possa prendere il posto delle tecnologie tradizionali. Ecco, le imprese on le quali veniamo in contatto sono equamente suddivise in queste tipologie, e credo che riviste come la vostra debbano impegnarsi di più per iniziare a distinguere i sistemi validi per utilizzo casalingo/ prototipale di base dai sistemi professionali e produttivi. Tra i due poli il gap è notevole, anche se chi produce sistemi low cost afferma il contrario. I media dovrebbero iniziare a distinguere in maniera netta tra l’home manufacturing e il production manufacturing».

 

 

 

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