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Progettare con il computational design

Architetti e designer sanno già da tempo che computer e software dedicati sono uno strumento ormai essenziale per la progettazione. Prima c’era il semplice CAD, poi le applicazioni BIM, ora stiamo parlando di vedere in modalità “immersiva” ciò che si progetta e anche di progettare direttamente in realtà virtuale.

Ma in tutti questi casi la tecnologia è una “periferica” della creatività personale, cosa potrebbe succedere se dessimo ad hardware e software un ruolo più di primo piano?

Se sfruttassimo cioè le capacità di calcolo delle applicazioni e sempre più del cloud in una funzione creativa?

Il computational design

Un primo esempio di applicazione evoluta del calcolo in architettura e design è già in atto da qualche tempo. Si tratta del computational design, un approccio in cui la creatività dei progettisti viene affiancata da una visione “informatica” del design come problema matematico da risolvere: date le condizioni di partenza e i limiti progettuali, usare il calcolo per trovare tutte le possibili soluzioni che li soddisfano.

Di norma, gli architetti o i designer userebbero invece la loro esperienza e l’intuizione, ma – sostengono i fautori del computational design – in questo modo si arriva solo a un numero limitato di possibilità.

Il computational design richiede prevedibilmente di usare i software di progettazione in un modo diverso dal solito, definendo parametri e condizioni invece di generare direttamente oggetti e superfici.

Ogni software house ha il suo approccio nell’estendere a questo modello di lavoro le piattaforme tradizionali che già possiede, la soluzione scelta da quasi tutte è mettere a disposizione un ambiente di programmazione visuale: Autodesk ha Dynamo, Vectorworks ha Marionette, e così via.

design-2L’idea non è quella di trasformare i designer in programmatori, ma un ambiente di sviluppo visuale è necessario per definire i vari elementi del progetto, i parametri entro quali i loro attributi possono variare e la correlazione tra questi attributi nell’ambito del singolo oggetto e della relazione con gli altri oggetti. Definito così un modello “relazionale” della nostra (ad esempio) struttura, potremo esplorarne le possibili variazioni grazie al calcolo matematico.

Gli algoritmi generativi

Facciamo un passo avanti e immaginiamo di lasciare al calcolo non solo l’esplorazione delle molte varianti di un progetto che soddisfano le relazioni tra i suoi parametri, ma anche la generazione stessa delle possibili soluzioni. In questo caso non basta il calcolo matematico in senso classico, servono funzioni di intelligenza artificiale (da qui il ruolo del cloud) che partano dalle condizioni base del problema-design, elaborino migliaia di soluzioni e arrivino alla migliore.

Parliamo quindi di algoritmi generativi o in sintesi del generative design, una delle ormai molte applicazioni dei modelli di intelligenza artificiale alla creatività, in questo caso al design. In questo approccio il progettista ha un ruolo anomalo rispetto al solito. In una prima fase dà in pasto agli algoritmi di intelligenza artificiale tutte le condizioni del problema-design da risolvere: dimensioni, costi, materiali, strutture, vincoli, relazioni e via dicendo. L’intelligenza artificiale genera migliaia di soluzioni al problema, analizzando ovviamente la fattibilità di ciascuna ed eliminando le peggiori.

In una seconda fase gli architetti, il progettista o il designer esaminano i progetti migliori generati dagli algoritmi e affina ulteriormente i limiti e le condizioni al contorno, in modo che l’intelligenza artificiale possa tornare al lavoro e generare altre soluzioni più ottimizzate. In un processo di sviluppo “collaborativo” e iterativo di questo tipo si arriva infine alle (si spera poche) soluzioni più convincenti.

Un esempio di generative design: il progetto di un ponte in stampa 3D ad Amsterdam (di MX3D)
Un esempio di generative design: il progetto di un ponte in stampa 3D ad Amsterdam (di MX3D)

L’obiettivo del generative design è duplice, sia razionale sia creativo. È razionale nel senso che intende far risparmiare tempo grazie al fatto che il processo di generazione delle soluzioni da parte dell’intelligenza artificiale è molto più veloce di quello di progettazione umana e comprende già la parte di analisi strutturale.

È creativo perché i progetti di design generativo che sono già stati concretizzati mostrano come gli algoritmi di intelligenza artificiale arrivino a soluzioni che il progettista umano non considererebbe perché troppo lontane dall’esperienza e all’intuizione personale.

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