Home Perchè la stampa 3D in Italia è un business in crescita continua

Perchè la stampa 3D in Italia è un business in crescita continua

Negli ultimi anni la stampa 3D ha conquistato l’attenzione di molte realtà industriali, soprattutto grazie al forte potenziale di business che offre nel processo di produzione.

In collaborazione con OnePoll, istituto di ricerca britannico, reichelt elektronik ha presentato i dati dell’indagine condotta su un campione di 250 responsabili delle decisioni aziendali in Italia, ma anche dipendenti e manager del mondo della progettazione, sviluppo e tecnologia.

La stampa 3D è ormai diventato uno strumento e uno standard tecnico ampiamente accettato dalla maggior parte delle aziende italiane.

Infatti, quasi l’80% delle aziende rispondenti al sondaggio ha affermato di utilizzare la stampa 3D nella produzione; tra queste, quasi il 73% possiede presso la propria azienda tutti gli strumenti necessari per la stampa 3D, favorendo la produzione interna di tutte le parti così prodotte.

Tra le applicazioni più comuni che vedono l’utilizzo della stampa 3D nel processo aziendale, il 77% circa degli intervistati ha dichiarato di avvalersene soprattutto per lo sviluppo di prototipi e di esserne ampiamente soddisfatto.

Segue un 73% circa di aziende che utilizzano la stampa 3D per la produzione di modelli visivi, anch’essi soddisfatti dalle potenzialità offerte da questa tecnica di stampaggio.

Secondo l’analisi di reichelt elektronik, la stampa 3D è inoltre utilizzata per la produzione in piccole serie (67%) e prodotti e pezzi di ricambio su misura (61%), per la realizzazione di prodotti speciali quali protesi, impianti e componenti (57%).

La maggior parte delle aziende, ovvero circa l’82% degli intervistati, ha dichiarato di avvalersi principalmente di filamenti plastici come ABD, PLA o PETG per la stampa 3D. Molto diffusi sono anche i materiali compositi, utilizzati da più del 57% delle aziende italiane. Seppur più costoso, l’utilizzo di metalli per la stampa 3D è una scelta di quasi il 30% delle industrie italiane. Tra i materiali meno utilizzati nel processo di stampa (28%) vi sono la ceramica, la cera, la resina sintetica o la carta; il cemento, infine, è attualmente utilizzato come materia prima solo dall’5% delle aziende.

Tali filamenti rientrano, inoltre, tra i materiali che le aziende vorrebbero continuare ad utilizzare – anche in futuro – per la stampa 3D: al primo posto vi sono i filamenti plastici (ABD, PLA, PETG) per il 56% delle aziende, seguite da metalli (50%), materiali compositi (49%), ceramiche, cera, resina e carta (41%).

A questi si aggiunge anche un discreto numero di industrie che desidera una gamma di materiali per la stampa 3D più varia e assortita, con elementi quali silicone (FQM), legno o simili, tessuti, vetro, materie prime refrattarie, carbonio, principi attivi e materiali ausiliari per le pillole, la gomma e gli alimenti.

Una dimostrazione del fatto che il potenziale della stampa 3D è lungi dall’essere esaurito e che, in futuro, le aziende saranno in grado di produrre i propri prodotti internamente e con nuove materie prime a seconda delle esigenze dei clienti.

Alla domanda sulle principali difficoltà che le aziende riscontrano nell’utilizzo di tecniche di stampaggio 3D, il 30% ha risposto che la realizzazione di questa tipologia di stampe richiede tempi di troppo lunghi, oltre a manutenzione e filamenti molto costosi. Inoltre, circa il 24% degli intervistati italiani riscontra difficoltà nella realizzazione dei formati richiesti a causa di cavità o limitazioni di dimensioni.

Queste carenze suggeriscono che la tecnologia informatica che ne sta alla base e le opzioni di applicazione dei dispositivi di stampa 3D devono ancora essere sviluppati e migliorati notevolmente.

Tuttavia, errori e imprecisioni possono derivare, ad esempio, anche dall’utilizzo di una stampante o di materiali inappropriati, da errori nella fase di progettazione del computer, dall’errato funzionamento della stampante o del software. Più la tecnologia avanza e più sarà elevato il know-how degli utenti, minore potrà essere il margine di errore.

Un buon numero di aziende, più del 41%, prevede di investire maggiormente nella stampa 3D e di espandere l’uso di questa tecnologia all’interno della propria organizzazione. Circa il 50%, invece, ha dichiarato di aver pianificato di investire maggiormente nella stampa 3D come diretta conseguenza della crisi da coronavirus.

Molti vedono in questa opportunità un modo per compensare quanto perso a causa della crisi, facendo leva sul risparmio – in termini di denaro – e sulla possibilità di ampliare la propria offerta. Sebbene ciò comporti, almeno inizialmente, un investimento per l’acquisto degli strumenti necessari, i risparmi e la redditività che ne derivano restano comunque elevati.    In generale, quasi il 45% degli intervistati italiani considera la produzione interna un modo efficace per superare i ritardi della catena di approvvigionamento o la carenza di rifornimenti.

Secondo quanto emerso dall’analisi di reichelt elektronik in merito agli effetti positivi generati dalla stampa 3D, per il 60% vi è un notevole incremento in termini di produttività, seguito dal 58% delle aziende secondo cui uno dei vantaggi risiede nella possibilità di espandere la propria gamma prodotti, sviluppare nuove aree di business (55%) e risparmiare dal punto di vista economico (51%).

I dati dimostrano come le aspettative sul futuro della stampa 3D e il suo forte potenziale siano confermati.

Infatti, quasi il 43% dei partecipanti al sondaggio dichiara di aver deciso di approvvigionarsi da fonti locali nei prossimi dodici mesi, mentre il 42% afferma di voler produrre internamente tramite l’ausilio della stampa 3D.

Sarà dunque interessante vedere come si svilupperanno le possibilità tecniche e la diffusione del business della stampa 3D in Italia e se le aspettative per questa tecnologia saranno confermate. Al momento, l’indagine suggerisce che ci sono alcuni segnali positivi in merito.

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