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Il laboratorio italiano che stampa in 3D le protesi in Siria

L’associazione Amar Costruire Solidarietà Reggio Emilia, Wasp e Arche 3D WASPHub Mantova hanno donato all’Università di Damasco un laboratorio di stampa 3D con lo scopo di realizzare protesi.

L’iniziativa ha preso il via grazie all’idea di un cardiologo siriano, Jean Bassmaji, che vive da diversi anni a Reggio Emilia dove ha fondato l’associazione Amar per aiutare il popolo siriano.

Si è rivolto a Wasp, che ha creato una Officina Ortopedica Digitale e si è offerta di installare gratuitamente a Damasco un laboratorio perfettamente attrezzato, fornendo sia le stampanti, sia la formazione necessaria per realizzare le protesi.

Allo scopo è stata coinvolta l’Università di Damasco ed è stata approntata la macchina per portare stampanti e il materiale in Siria senza rischi, prima in nave, poi superando i posti di blocco controllati dalle diverse fazioni in lotta.

Da sinistra Firas Al-Hinnawy, Jean Bassmaji, Carlo Masgoutiere

Il professor Firas Al-Hinnawy della facoltà di Bioingegneria Medica dell’Università di Damasco, ha seguito presso Wasp segue un corso di formazione che gli permette di trasferire ai suoi allievi le conoscenze necessarie per utilizzare al meglio le stampanti 3D.

Da circa un mese una Delta WASP 4070 Industrial e una Delta WASP 2040 PRO, scanner, pc, monitor e materiale tecnico, sono l’attrezzatura del laboratorio attrezzato nel campus universitario di Damasco, dove le protesi vengono realizzate partendo dai file open source del progetto e-NABLE.

Il laboratorio arti artificiali per i mutilati siriani è stato avviato presso la facoltà di Ingegneria Meccanica ed Elettrica di Damasco, dove una decina di studenti (in gran parte donne) e quattro insegnanti sono quotidianamente al lavoro.

Alla buona riuscita dell’iniziativa hanno collaborato anche la cooperativa sociale Boorea, i circoli Arci di Reggio Emilia, l’artista Sergio Fermariello e tanti privati di Reggio Emilia, Chieti, Mantova, Napoli e Lauria (Potenza).

 

Come funziona il laboratorio

La formazione dei professori e degli studenti universitari siriani è stata effettuata prima sulle stampanti 3D WASP, Delta WASP 4070 Industrial e Delta WASP 2040 PRO, relativamente al funzionamento e alla manutenzione.

Successivamente è stato insegnato loro come poter trasformare un file tridimensionale in file stampabile, attraverso i software di slicing e i vari parametri per la corretta esecuzione in base alle diverse necessità.

Poi sono state affrontate le parti di scansione e dimensionamento e infine tutta la parte base per poter poi modificare e modellare le protesi, basandosi sulla realtà clinica dei pazienti.

Di ogni paziente veniva fatta una scheda con i dati clinici e informazioni varie, i dimensionamenti maggiori e le scansioni 3D dell’arto amputato e dell’atto sano. Si è passati all’utilizzo di file open source del progetto e-NABLE.

Si tratta di file 3D standard di progetti di arti protesici meccanici, sia di mano che di avambraccio, ovvero le uniche tipologie che possono essere funzionanti meccanicamente grazie al movimento residuo o del polso o del gomito.

Attraverso opportune modifiche i file vengono scalati e adattati digitalmente, sia alle dimensioni del moncherino del paziente, sia alle dimensioni dell’arto presente. Queste dimensioni possono essere recuperate attraverso misurazioni standard, ma in maniera decisamente più precisa con la scansione 3D, che recupera esattamente la forma e la dimensione delle parti.

È possibile dunque utilizzare le scansioni per creare invasi perfettamente adattabili al moncherino sui quali verrà fissata poi la protesi effettiva.

I file vengono stampati in 3D a pezzi, che vengono poi assemblati con altri materiali, ricostruendo così in maniera artificiale l’anatomia dell’arto: la parte scheletrica, la parte tendinea e la parte muscolare.

Per la stampa del palmo dell’avambraccio e delle falangi possono essere utilizzati materiali tecnici, in base alle stampanti a disposizione, quindi è consigliabile stampare in materiali come Abs, policarbonato, carbonio arrivando al peek. Ma anche il Pla può andare bene per le prime prove. La gomma può essere utilizzata per gli invasi o le coperture dell’interno del palmo e delle estremità delle dita, come cappucci che aiutano ad aumentare la presa.

Per quanto riguarda il sistema di chiusura vengono utilizzati fili in nylon o kevlar, fissati alle parti stampate e fisse dell’avambraccio o del bicipite in modo che piegando il polso, o il gomito, questo ne permetta la tensione dei fili e una successiva chiusura del complesso delle falangi. Una volta effettuato il movimento di tensione, la controtensione di elastici dentali al di sopra delle falangi stampate permette la riapertura automatica della mano.

Le sperimentazioni saranno relative inizialmente alla stampa di falangi, mani, braccia, per poi arrivare agli invasi per protesi di arti inferiori, e a protesi mioelettriche basate su segnali muscolari che vengono utilizzati come input per schede elettroniche, in modo da azionare motori controllati per poter avere una chiusura dell’arto.

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