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La digital transformation si fa anche con la stampa 3D

Siamo al centro di un rinnovamento tecnologico di ampia scala, spinto dal passaggio al business digitale, che spinge un analista come IDC a dividere le più importanti 2.000 aziende del mondo tra quelle che cresceranno e quelle che sopravvivranno, sulla base della presenza o meno della digital transformation nella propria strategia aziendale.

Rodolfo Falcone, Area Vice President South Emea di Commvault, ci ha presentato le sue riflessioni in merito, che comprendono anche la stampa 3D.

Commvault fornisce soluzioni di data protection e information management per aiutare le aziende a gestire e proteggere i dati, rendendoli disponibili per le attività. Alla base dell’offerta c’è una piattaforma software modulare, che permette di salvare, indicizzare, organizzare e recuperare i dati, rendendo più semplici ed efficaci attività come backup, storage e deduplicazione.

La combinazione di tecnologie, dice Falcone, sta promuovendo nuovi modelli di business, creando partnership e aprendo mercati: «Per esempio un produttore di materassi, abilitati digitalmente con app e sensori, si apre verso il monitoraggio biologico connesso in cloud; un’azienda che produce pneumatici per aviazione vende i dati che raccoglie nel corso dei test a chi si occupa della pavimentazione degli aeroporti; un produttore automobilistico offre nuovi servizi ogni mese, sulla base della propria piattaforma intelligente, come la gestione della velocità per evitare i semafori rossi o la ricerca di parcheggi».

Il 3D nella digital transformation

Le componenti della digital transformation riguardano tecnologie differenti, che vengono adottate con velocità diverse. «Alcune di queste, come cloud, mobile, social, Internet of Things, Big Data e stampa 3D, stanno diventando familiari. E non troppo lontane, sono le tecnologie di human augmentation e di cognitive machine, cioè Intelligenza artificiale. La cosa importante è che, se si combinano queste tecnologie tra loro, le possibilità che si aprono sono infinite: è possibile aggiungere sensori al proprio business, mandare in streaming, e raccogliere i dati dei sensori nel cloud, applicare loro meccanismi di analisi e poi commercializzare i risultati, magari erogandoli direttamente a dispositivi mobili, stampanti 3D, robot».

La rapida ascesa di aziende come Amazon e Google a posizioni dominanti sul mercato, osseerva Falcone, è stata in parte dovuta a fattori economici differenti: sono aziende che possiedono pochi asset fisici, impiegano meno persone e richiedono capitali minori.

Nello stesso tempo, queste aziende offrono prodotti e servizi di livello superiore, aggiornati di frequente e preferiti dalla gran parte degli utenti. Chiaramente, aziende solide che non operano nel mondo Internet non possono diventare Internet company, ma possono trasformare il loro business in senso digitale.

Che ruolo si desidera avere?

Le aziende che hanno già adottato un modello di digital transformation sono in vantaggio rispetto a quelle tradizionali, che non hanno affrontato il processo e non hanno migliorato la loro competitività (e che IDC definisce come sopravviventi). In ogni caso, l’impatto della digital transformation dipende anche dalla forma che assume. Il primo è la trasformazione del modello di business. Negli scenari più radicali (come  Uber e Airbnb), viene trasformato un intero settore di mercato e non solo l’azienda in sé.

Cambia il modello operativo

Ma la digital transformation, per Falcone, non deve per forza avere effetto sull’intera azienda: è possibile pensare alla trasformazione di un modello operativo, come il modo in cui un’azienda viene finanziata o acquisisce nuovi clienti, oppure alla trasformazione di un processo di business, incentrata su un processo specifico.

Per ognuno di questi tipi di trasformazione, l’elemento personale gioca un ruolo critico, perché serve un modo differente di pensare per vedere le possibilità future offerte dalla tecnologia, e poi trovare il modo di renderle vantaggiose dal punto di vista economico.

Idee innovative come la condivisione del rischio, il crowdsourcing, il pay per use e la gamification danno un contribuito significativo a comprendere il potenziale che la tecnologia offre. Comunque, se l’innovazione può avvenire anche in modo estemporaneo, perché questa sia continua, serve un investimento costante su talento e formazione.

Tra i passaggi fondamentali per una digital transformation efficace c’è la creazione di una cultura diffusa di innovazione, e la gestione preventiva di talenti e capacità per offrire il giusto mix di competenze digitali. Parallelamente, la creazione di una cultura adeguata ad acquisire talento e competenze è funzione tipica di una solida leadership, senza la quale una trasformazione digitale diventerebbe decisamente avventurosa.

Il pensiero oltre la tecnologia

La digital transformation conclude Falcone, viene quindi sì da nuove tecnologie, ma anche da un nuovo modo di pensare. Ed è interessante notare come spesso una nuova tecnologia porti con sé un nuovo modo di pensare, in un certo senso all’opposto delle origini tradizionali dell’innovazione, che si focalizzavano sull’automatizzazione di attività esistenti.

Processi di business, modelli operativi, aziende e interi settori di mercato vengono ridisegnati, andando a definire in modo nuovo il panorama competitivo. Per il carattere rivoluzionario di questo processo, non saranno sono le aziende che innovano a cambiare profondamente e per sempre, per questo motivo è il caso di fermarsi a pensare se si vuole crescere o limitarsi a sopravvivere, con il rischio di trovarsi fuori dai giochi senza un piano digitale adeguato.

 

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