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Energy storage e brain monitoring tra i futuri del grafene

L’iPhone, si sa, scalda molto. I materiali convenzionali non riuscivano a risolvere il problema, quindi non restava che rivolgersi a materiali innovativi. Apple ha dunque deciso di lavorare con il grafene, sviluppando un dissipatore alloggiato sul retro dello smartphone.
È questo uno dei casi applicativi di successo emersi dalla terza presentazione dedicata da Technology Hub a questo materiale.

Il grafene esiste da una dozzina d’anni e per breve tempo è stato il materiale più costoso della storia dell’umanità. Inizialmente lo si vendeva al micron quadro, circa 10 miliardi di dollari al kg, ma oggi il suo prezzo è diventato accettabile (100 euro/kg). Si ordina in fogli su internet, di qualità diverse, ed è anche disponibile in forma di polveri di grafite, che non è grafene.
La velocissima variazione nel prezzo è dovuta all’iniziale mancanza d’esperienza: è la prima volta nella storia dell’umanità che possiamo esfoliare materiali fino a 1 solo atomo di spessore.

Il dissipatore di Apple non è certo l’unica applicazione commerciale di questi fogli di carbonio di spessore monoatomico, anzi.
Un ulteriore esempio ben promosso ha riguardato le racchette da tennis Head, nelle quali l’innesto del nuovo materiale ha migliorato la meccanica in alcune aree, spostando il bilanciamento. Analizzando la racchetta è stato possibile confermare la presenza del grafene, anche se al momento non è facile scoprire quanto il miglioramento sia dovuto a questo specifico materiale, ad altri materiali o al design.

Altri impieghi, tra i tanti, sono l’uso come filtro (Lockeed Martin), defrost delle ali di aerei (Saab) e come dicevamo anche come dissipatore termico.

C’è grafene nel futuro dell’Europa

L’interesse è fortissimo a livello mondiale. Il conteggio dei brevetti vede in testa Corea e Cina, poi gli Usa. La Cina sta investendo cifre incredibili: su scala mondiale, i suoi investimenti sono passati dal 7% al 52% dopo il 2009. L’Europa è molto brava nella ricerca, ma poi la produzione finisce in Asia.
Ecco perché qualche anno fa sono stati lanciati enormi finanziamenti europei per progetti su Future and Emerging technologies: 50 M€ all’anno per 10 anni, in cofinanziamento al 50%.

Italia e Germania ai primi due posti per il numero di partner nel progetto europeo, i cui risultati sono disponibili sul sito dedicato.
Tra i campi nei quali si sta investigando troviamo le metal-free flexible antennas (grafene con aggiunte fotosensibili o conduttive), il proactive coatings (packaging non gas-permeabili), il promettentissimo energy storage (elettrodi), i sensori flessibili in qualsiasi forma, adatti anche al corpo umano (si pensi al brain monitoring).

Nell’elettronica ci sono alcune applicazioni come gli ultrafast photodetectors e degli switch elettro-meccanici. La microelettronica, nonostante alcune proprietà e soluzioni di laboratorio, non pare nel futuro di questo materiale – ma mai dire mai, soprattutto in tecnologia.

 

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