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Cosa ci riserva la stampa 3D

Abbiamo intervistato Simone Majocchi, abile maker e grande divulgatore – Ma anche, come lui stesso si definisce, “stampatore 3D ossessivo e compulsivo”. Ecco la sua visione sulla stampa 3D.

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Simone alle prese con la sua prima stampante 3D, una Galileo di Kentstrapper costruita partendo da un kit e poi modificata per migliorarne le prestazioni.

La storia di Simone è quella di chi ha superato i 50 e per questo ha partecipato in prima persona alla nascita dell’informatica, del networking, di Internet e delle attuali tecnologie di digital fabrication. Da giornalista e sperimentatore di tutto quello che negli anni ha trattato nei suoi numerosi articoli, Simone Majocchi ha acquisito l’esperienza pratica e diretta di molte tecnologie e quando qualche anno fa ha potuto riprendere in mano la sua iniziale passione per l’elettronica e i microprocessori – è suo il primo libro italiano sulla programmazione dello ZX80 Sinclair ed è sua l’idea di RUN nel 1983, la prima rivista da leggere direttamente sullo schermo di un home computer – ha trovato in Arduino la logica evoluzione per la sua voglia di fare e costruire. Rispetto ai microcontrollori da programmare con apposite interfacce e per i quali il codice andava scritto con sistemi di sviluppo più da ingegneri che da hobbysti, Arduino era facile, diretto e soprattutto garantiva in buona parte la corretta gestione di tutti gli elementi di base di qualsiasi progetto. Da Arduino alla stampa 3D il passo è stato breve.

3D Printing Magazine: Quando sei venuto a conoscenza della stampa 3D?

Simone Majocchi: Da giornalista e appassionato di tecnologie, in passato avevo già visto le macchine per la stereolitografia e più in generale per la prototipazione rapida. Un’applicazione del CAD della quale non avevo colto appieno le potenzialità in quanto era molto costosa, verticale e riservata alla grande industria. Si parla di almeno una quindicina di anni fa.

Ora mi pare che non sia per te una semplice applicazione, ma una vera e propria passione.

In effetti oggi potrei essere facilmente scambiato per uno “stampatore 3D ossessivo compulsivo” dato che sulla mia stampante c’è quasi sempre qualcosa in fase di stampa. In effetti il progetto RepRap con le prime stampanti in kit di tipo Mendel hanno immediatamente attirato la mia attenzione in quanto creavano una sintesi perfetta fra la passione per l’elettronica, Arduino e – finalmente – la realizzazione di qualcosa di solido. All’epoca – era il 2011 – era l’ABS con tutti i suoi problemi a essere il filamento più diffuso, poi fortunatamente il PLA ha iniziato a prendere piede rendendo le stampe più facili e visivamente più gradevoli.

Una Mendel Prusa montata per verificarne le caratteristiche e le qualità.
La Mendel Prusa, montata per verificarne le caratteristiche e le qualità rispetto alla Galileo.

Quante stampanti 3D conosci?

La prima che ho visto era una Cupcake Makerbot, poi ho acquistato una Galileo dai Kentstrapper di Firenze, per poi passare a delle Mendel Prusa e arrivare alla 3Drag che è frutto di un codesign con Gabriele Daghetta. Condividendo con lui tutte le mie esperienze precedenti è nata una stampante 3D italiana con un ottimo rapporto prezzo/qualità di stampa. Il progetto è stato utilizzato dalla olandese Velleman per realizzare il kit K8200 che si è rivelato un vero successo commerciale e ora la stampante è da molti considerata come la soluzione più hackerabile fra quelle disponibili. 3Drag è quindi la “mia” stampante, ma ho provato numerose altre stampanti 3D perché la curiosità e la voglia di provare a stampare fanno parte della mia attività. Diciamo che ad oggi ne avrò provate almeno una decina della categoria RepRap derivatives, quindi FDM. Sto ora aspettando di provare quelle di recente produzione per farmi un’opinione e restituire al produttore la stampante assieme ai miei commenti e – se possibile – qualche suggerimento in un circolo virtuoso utile per tutti.

L'attuale postazione 3D con un server di stampa OctoPrint basato su Raspberry Pi.
L’attuale postazione 3D con un server di stampa OctoPrint basato su Raspberry Pi.

Cercando su Internet il tuo nome sei subito associato con una serie di situazioni legate alla stampa 3D, come mai?

Oltre ad aver scritto una nutrita serie di articoli sul tema, alcuni dei quali anche per testate quali il Corriere della Sera (edizione cartacea e online), a ottobre dell’anno scorso ho deciso di dare il mio contributo alla diffusione e alla comprensione di questa tecnologia con la 3D Print Exhibition a Maker Faire Europe di Roma. Trenta metri lineari di esposizione, organizzati su tre livelli di scaffalature ecologiche, con oltre 160 pezzi stampati, una competizione europea per gli stampatori e i maker e tanta voglia di mostrare quello che con una 3D printer si può fare. Sono stati giorni intensissimi con un afflusso di gente che non mi ha permesso di abbandonare la postazione per quasi 10 ore ogni giorno. E’ stato un vero successo che è ancora oggi visibile nel catalogo elettronico). Con quella mostra mi sono guadagnato la stima e l’apprezzamento non solo da parte dei possessori di stampanti 3D, ma anche da parte dei produttori stessi, che mi hanno attribuito questo riconoscimento di “stampatore 3D” di riferimento.

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Il catalogo elettronico della 3D Print Exhibition tenutasi all’interno della Maker Faire Europe, a Roma, nell’ottobre 2012.

Sei quindi lo stampatore più bravo?

Secondo me no, ma pare che tutto sommato io riesca a fare stampe che in molti mi invidiano. Ho solo iniziato prima di molti altri e ho fatto moltissima pratica, imparando trucchi, affinando tecniche e sviluppando una sensibilità da artista della stampa. Chiunque stampi con metodo e con un minimo di frequenza può tranquillamente fare quello che faccio io.

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Hai dei segreti?

Tengo dei workshop e dei corsi di stampa 3D proprio perché non voglio avere segreti, ma voglio condividere con il maggior numero possibile di maker tutto quello che in questi anni ho imparato. Certo, non si tratta di una chiacchierata da un’oretta: la stampa 3D è un processo complesso che parte con la modellazione di una forma 3D (la mesh da salvare in formato STL) che deve tener conto dei vincoli della tecnologia e delle stampanti FDM. Di tecnologie ne esistono anche altre con vincoli e potenzialità diversi, quindi un oggetto inadatto a FDM può essere perfetto per SLS o per la stereolitografia. Se ho la possibilità di creare direttamente il modello, cercherò di ricordare le possibilità della stampante che poi utilizzerò. Il secondo passaggio è quello dello slicing, dove solo la scelta dei parametri ottimali consente di avere il miglior risultato con il minor tempo di stampa (che può non essere il più breve in assoluto, ma il più breve per un risultato di qualità). I parametri su cui intervenire sono parecchi e solo con l’esperienza si scoprono combinazioni efficaci. Ottenuto il file adatto alla stampa, ovvero il file con il G-Code, posso procedere alla messa a punto della stampante e all’avvio della stampa. Le stampanti 3D derivate da RepRap sono come degli strumenti musicali: li devi conoscere e soprattutto devi procedere alla loro “accordatura” prima di qualsiasi esecuzione. Per accordare la chitarra basta conoscere il metodo giusto e avere un po’ di orecchio; qui devi usare il metodo della messa in piano del piatto di stampa, della taratura a zero dell’estrusore rispetto all’asse Z e poi devi avere un po’ di occhio per vedere come inizia la stampa. Purtroppo Internet riporta svariate soluzioni e alla fine la Rete ha conservato anche le indicazioni errate o incomplete.

A furia di stampare oggetti dalle forme più svariate si impara a gestire nel modo ottimale i parametri di slicing.
A furia di stampare oggetti dalle forme più svariate si impara a gestire nel modo ottimale i parametri di slicing.

Il Corriere della Sera ti ha descritto come “evangelist” della Stampa 3D, cosa significa?

Questo termine utilizzato solitamente dalle aziende americane indica chi spiega e diffonde una tecnologia presso un pubblico di neofiti. In effetti con le mie attività di divulgazione, formazione e racconto delle tecnologie di stampa 3D faccio proprio questo. Ovviamente non mi fermo a questo e lavoro con alcune aziende del settore della stampa 3D per mettere al loro servizio la mia esperienza di “bravo stampatore”; si tratta di lavoro di consulenza per correggere o migliorare i loro prodotti. Poi c’è tutta l’attività e i rapporti che intrattengo con il mondo dei fablab per cercare di sviluppare anche con loro e per loro dei progetti di un certo respiro.

Divulgazione della stampa 3D significa anche parlarne in trasmissioni televisive come "I fatti vostri" per raggiungere il pubblico dei meno giovani.
Divulgazione della stampa 3D significa anche parlarne in trasmissioni televisive come “I fatti vostri” per raggiungere il pubblico dei meno giovani.

Quale futuro vedi per la stampa 3D?

Un futuro articolato, parte di un nuovo modo di produrre e motivo di svolta nella vita di alcuni. Come è già accaduto per altre tecnologie, siamo arrivati a superare quel momento in cui sono più le persone che ne hanno sentito parlare di quante non ne sanno ancora nulla. A ogni fiera o manifestazione dove c’è una stampante 3D c’è sempre una coda di persone che vuole vedere la macchina e regolarmente dice “E’ questa la famosa stampante 3D?” come se avesse finalmente di fronte la cura per tutti i mali. Ovviamente non è così, ma la gente pare stia riponendo in questa tecnologia non poche speranze. Ciascuno vede nella stampante 3D la macchina per fare quella particolare cosa che ha in mente: che si tratti di un particolare contenitore, di un pupazzetto, di una creazione artistica, di un pezzo di ricambio, di una forma astratta o di un componente, quella è la macchina che lo può fare. Poi la realtà delle cose impone limiti e vincoli, ma l’idea è quella di fare cose, in modo semplice, rapido e ottenendo qualcosa di qualitativamente valido. Non siamo ancora arrivati a questo, ma l’industria lo ha ben percepito e la stampante 3D non è più una tecnologia per la prototipazione rapida, bensì per la produzione su misura e su richiesta. Nelle case si diffonderanno stampanti capaci di fare singoli oggetti funzionali e bozze in materiali plastici semplici ed economici che poi il service sotto casa realizzerà con il materiale più adeguato. Considerando il momento di difficoltà economica, penso siano necessari ancora 18 mesi per arrivare ai prodotti prosumer nella fascia 2.500 – 5.000 euro; questi apriranno opportunità di business ancora tutte da esplorare grazie anche ai nuovi materiali quali zucchero e cioccolato o ceramica, oltre a plastiche rigide ed elastiche di vario tipo e diverse caratteristiche meccaniche. Sul fronte consumer invece la stampante affidabile e adatta al neofita sotto i 1.000 euro è abbastanza dietro l’angolo e già questo Natale potremo vederle nei negozi. Anche in questo caso varrà il modello della stampa consumer: il vero costo da sostenere sarà quello dei consumabili sui quali i produttori spostano parte dei profitti per rendere la stampante più appetibile (stessa situazione ormai collaudata con le consolle dei videogiochi). Oltre a tutto questo sviluppo di prodotti “tradizionali”, vedo comunque il proseguimento dello sviluppo di modelli in creative commons (è scorretto parlare di open source quando esistono restrizioni sullo sfruttamento commerciale, si veda http://www.oshwa.org/faq/#noncommercial ) che alimenteranno la sperimentazione e l’innovazione grazie proprio alla disponibilità dei sorgenti e dei piani costruttivi. Sintetizzando, dall’industria i prodotti consolidati e consumer, dai maker l’innovazione e gli avanzamenti nella ricerca in tutti i campi applicativi. Anche i “centri stampa 3D” potranno avere una ragionevole diffusione quali centri per la realizzazione di Selfie 3D, prodotti di qualità o full color all’interno di centri commerciali, così come stanno ancora reggendo centri stampa per foto su grandi formati, materiali atipici e gadget proprio grazie alla disponibilità di macchine professionali, ammortizzate con gli elevati volumi di lavoro.

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Quindi uno spostamento della tecnologia verso il consumer?

Senza nulla togliere al mondo della prototipazione rapida necessario all’industria per creare prodotti nuovi con cicli di design più brevi, con le nuove tipologie di stampanti, la creazione di applicazioni software/hardware innovative e la diffusione di device capaci di catturare il mondo in 3D, sarà inevitabile l’apertura del mercato di massa. Non uno spostamento, ma un nuovo terreno di conquista. Non è casuale che 3D Systems abbia a gennaio nominato will.I.am – frontman dei Black Eye Peas e pluripremiato compositore, autore e musicista – quale Chief Creative Officer: un vero riferimento per il mondo dei giovani, maestro della comunicazione social e “visionario” tecnologico, la figura perfetta per portare la stampa 3D nella pop culture. A mio avviso una scelta sicuramente azzeccata che non potrà che portare a nuove sinergie fra show business, giovani, musica e creatività.

3D Systems ha scelto will.I.am per portare la stampa 3D nella Pop Culture e fra i giovani. (dal video 3DS and will.i.am - Empowering Customers to Manufacture the Future)
3D Systems ha scelto will.I.am per portare la stampa 3D nella Pop Culture e fra i giovani. (dal video 3DS and will.i.am – Empowering Customers to Manufacture the Future)

Spazio ai giovani con il 3D?

Quasi. In fondo io ho passato i 50 eppure sono molto attivo con la stampa 3D e tutto il suo ecosistema. Proseguendo con l’analogia fra strumento musicale e stampante 3D, ritengo che i giovani si trovino sicuramente avvantaggiati nell’imparare la manualità degli strumenti connessi, ovvero i software di modellazione 3D, gli scanner 3D e la stampante stessa, ma non va dimenticato che la tecnologia non basta per fare qualcosa: serve anche sapere cosa si vuole fare. Qui entrano in gioco tutte quelle persone che pur avendo una certa anzianità lavorativa e quindi poca propensione per tornare sui banchi di scuola, possono avere delle ottime idee per mettere a frutto le tecnologie e l’innovazione di questo nuovo ambito tecnologico. Un bravo artigiano e un giovane perito, “maghetto” del CAD, potrebbero fare faville assieme ed è questo che mi auguro. Oltre alla nascita di attività decisamente nuove, immagino il recupero di una serie di professioni artigianali grazie all’adozione della produzione con sistemi di stampa 3D e di digital fabrication dove il giovane inizialmente è il braccio sotto la guida di una mente esperta. Poi il giovane preso a bottega imparerà e applicherà in chiave tecnologica il sapere ereditato, in attesa della prossima rivoluzione tecnologica dove starà a lui insegnare a qualcuno come fare le cose per bene.

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Tutte le foto di questo articolo, salvo diversa indicazione, sono © Simone Majocchi

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