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3D bioprinting, mercato da 1,9 miliardi di dollari in dieci anni

Con una delle sue consuete previsioni di mercato a dieci anni, IDTechEx ha indicato che le aziende che operano nel mercato del 3D bioprinting nel 2028 fattureranno per 1,9 miliardi di dollari. Lo scrive nel rapporto “3D Bioprinting 2018 – 2028: tecnologie, mercati, previsioni“.

Il problema degli organi stampati in 3D di oggi, rileva IdTechEx è che sono limitati dalle dimensioni.

Scienziati e ricercatori possono manipolare le cellule per trasformarle in mini organi collocando diversi tipi di cellule in luoghi specifici, o addirittura utilizzando cellule staminali e lasciando che la natura faccia il suo corso, ma finora queste strutture sono molto piccole.

Questo perché la ricerca deve ancora capire come creare la complicata rete di vasi sanguigni all’interno degli organi necessari per alimentare le cellule con nutrimento essenziale e ossigeno.

La maggior parte delle strutture stampate in 3D oggi ha invece una vascolarizzazione di base, che non è adeguata per sostenere organi di grandi dimensioni.

Ma nonostante le piccole dimensioni dei tessuti in 3D bioprinting, che li rende meno rilevanti dal punto di vista clinico, queste strutture tissutali possono essere utilizzate per scopi di ricerca.

Test farmaceutici più rapidi con il 3D bioprinting

I piccoli tessuti che imitano i loro omologhi più grandi possono essere utilizzati per testare le sostanze chimiche per uso umano, come i prodotti farmaceutici.

La sperimentazione di farmaci su organi realizzati in 3D bioprinting ha il potenziale per ottimizzare e accelerare il processo di sviluppo dei farmaci.

L’impatto maggiore sarà quello di eliminare i farmaci tossici più rapidamente, in modo che non arrivino al costoso processo di sperimentazione clinica. In questo modo, le risorse possono essere concentrate su opportunità più promettenti e i volontari umani saranno esposti a rischi ridotti.

Con i modelli in 3D bioprinting, insomma, si aprono nuove strade. Ad esempio, la creazione di mini modelli di organi cerebrali, o la modellazione della barriera emato-encefalica umana può aiutare i ricercatori a capire meglio come funziona il cervello, e lavorare per sviluppare farmaci per i disturbi cerebrali come il morbo di Alzheimer e tumori mortali come il glioblastoma.

C’è insomma ancora molta strada da fare per sviluppare tecnologie di 3D bioprinting prima che siano pronti a creare organi per il trapianto.

IDTechEx non prevede che il mercato della medicina rigenerativa possa contribuire in modo sostanziale al valore complessivo fornito dal 3D bioprinting 3D entro il 2028. Al momento si dice ottimista sul fatto che i modelli di organi in 3D bioprinting possano condurre i ricercatori a una migliore comprensione della biologia umana e delle malattie, il che porterà ad avere una migliore terapeutica.

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