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Voxel acustici per gli oggetti in 3D

L’uso di filtri acustici inversi permette di guidare le onde sonore alla ricostruzione di forme arbitrarie tridimensionali, aprendo la porta a numerose soluzioni che integrano dati nei modelli stampabili.

Un sistema che ne fa uso nel 3D printing è stato messo a punto dai ricercatori della Columbia Engineering, una delle principali scuole d’ingegneria degli Stati Uniti, in collaborazione con Disney Research e il Mit, con una parziale sovvenzione di Adobe e della Nsf.

Guidato da Changxi Zheng, il team ha progettato dei cubetti modulari e componibili, detti voxel.

Come i mattoncini Lego, i voxel possono essere collegati per formare una struttura complessa regolabile.

Le camere interne dei cubetti possono essere modificate per cambiarne numero, dimensioni o suono. In questa fase, i voxel vengono usati per riempire l’interno di oggetti con un reticolo di cubetti che, se attraversati da frequenze, rivelano dati sull’oggetto.

Questi e altri dettagli sono forniti al Siggraph con la presentazione “Acoustic Voxel: ottimizzazione computazionale di filtri acustici modulari”, che verrà tenuta dallo staff di Zheng.

In passato, le persone hanno esplorato il design computazionale di prodotti specifici, come un certo tipo di marmitta o una particolare forma di tromba“, dice Zheng; “ora possiamo dar loro una qualsiasi forma”. “Possiamo usare i voxel anche come tag acustici, per individuare ogni pezzo che la stampa 3D, come fossero Qr o Rfid”, ha continuato il professore, di fatto aprendo una nuova porta alla codifica del prodotto e alle proprietà intellettuali nella stampa 3D. Codificare le informazioni d’identificazione direttamente nell’oggetto farebbe risparmiare tempo, fatica e spesa di etichettatura, risultando poi utilissima nella costruzione di strutture grandi, composte da molti pezzi separati.

Ma in arrivo c’è molto di più.

Il team di Zheng sta indagando le intriganti possibilità degli ultrasuoni, un campo nel quale la propagazione del suono può essere distorta per nascondere gli oggetti da onde sonore. “Potrebbe portare a nuovi modelli di sistemi sonar o a sistemi di comunicazione subacquea”, ha concluso il ricercatore.

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