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Da MakerBot alla Cina, come sta il mercato 3D

Rachel Gordon, Technology Analyst di IDTechEx che abbiamo conosciuto agli Additive Manufacturing Talks di Milano, ha analizzato lo stato attuale del mercato della stampa 3D desktop, dalle recenti vicissitudini di MakerBot alla Cina, vero e proprio mercato emergente che sa imporre i propri stilemi.

Ad aprile MakerBot ha annunciato di voler affidare la produzione di tutte le sue stampanti alla società di outsourcing produttivo Jabil. Ciò le consentirà di ridurre i costi di produzione, eliminando i costi fissi associati al mantenimento di una fabbrica a New York.

Ciò significa che gli operai perderanno il posto di lavoro e che la produzione sarà trasferita in Cina, con tanti saluti alla campagna Made in America che la casa di Brooklyn ha sbandierato per anni.

Per Gordon i segnali del declino dell’idea incarnata da MakerBot c’erano tutti. Prima del 2013, ricorda l’analista, MakerBot vendette una cifra astronomica, per i tempi, di stampanti 3D: 40.550. Poi fu acquisita da Stratasys. All’epoca IDTechEx scrisse, testualmente, che Stratasys “potrebbe aver pagato un prezzo molto alto per occupare una posizione di dominanza in un mercato relativamente piccolo e con un numero crescente di concorrenti“.

Secondo dati Stratasys, nel 2014 MakerBot vendette ancora quasi 40.000 stampanti. Nel 2015 solamente 18.673. Ad aprile del 2015, MakerBot ha licenziato 100 dei suoi 500 dipendenti, nel mese di ottobre altri 80 e ha chiuso i punti vendita.

Causa principale, i problemi con lo Smart Extruder sulle stampanti di quinta generazione, che hanno fatto registrare un Mtbf bassissimo, ben al di sotto delle 500 ore.

MakerBot ha toccato il tetto delle 100mila stampanti vendute ad aprile. Significa che nel primo trimestre ha venduto solamente 1.421 stampanti. Troppo poco, anche se il grosso delle vendite in America lo si fa nel terzo trimestre (quello che viene chiamato Q3). Il fatto è, sottolinea Rachel Gordon, che il marchio MakerBot ora vale molto meno dei 400 milioni di dollari spesi da Stratasys.

Quando il leader del settore (in questo caso è quello delle stampanti Fdm) è in difficoltà, prosegue Gordon, si è tentati di parlare di saturazione del mercato.

Ma nel suo nuovo rapporto 3D Printing 2016-2026, IDTechEx Research dichiara che nel corso del 2015 sono state vendute oltre 375mila stampanti desktop a estrusione.

In marcia verso la Cina

300mila di queste stampanti 3D, sottolinea Gordon, sono state vendute dalla società taiwanese XYZPrinting.

Di più: il governo cinese si è impegnato a mettere una stampante 3D in ognuno di loro 400.000 scuole elementari. Segno che il settore presso il colosso cinese gode di una fama e di una aspettativa che altrove non ci sono o si sono sopite.

Rachel Gorgon osserva anche come le stampanti DaVinci di XYZPrinting siano rimarchiate e distribuite dal gigante tecnologico Lenovo.

Una tendenza seguita anche da altri attori tecnologici, come HP, Ricoh, Autodesk e Mattel, che sono entrati nel settore della stampa 3D facendo valere il potere del marchio e budget di marketing in luogo di una proposta tecnologica che non avevano.

Di base c’è il fatto che le stampanti XYZPrinting, in piena logica cinese, hanno un presso notevolmente più basso rispetto alle pari quota americane.

Gordon spinge oltre il ragionamento e afferma che, Cina o non Cina, il prezzo medio di vendita delle stampanti 3D desktop continuerà a scendere. Queste macchine, infatti,  non sono attraenti solamente per i clienti asiatici, ma avranno diffusione o in tutta Europa, oltre che in America, oltre tutto riproponendo un vecchio schema, che si credeva superato, quello del vendor lock-in.

Il modello cinese è quello di far acquistare anche i filamenti attraverso XYZPrinting. E se c’è una base di 300mila utenti, la stampante può costare molto poco.

Tradotto, per Gordon il mercato della stampa 3D desktop sta passando da un sistema di produzione che fa piccoli numeri, a un ambito che è tipico dell’elettronica di consumo, di fabbricazione su grande scala e prevalentemente in Asia. Quindi un mercato in cui i volumi di vendita crescono e il prezzo scende.

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