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3D4Med, al Policlinico San Matteo di Pavia il primo laboratorio clinico italiano di stampa 3D

Un prete, un capitano dei Carabinieri e un primario in camice bianco stanno pazientemente aspettando, assieme a molti altri, che sia giunta l’ora: e l’ora è quella dell’inaugurazione di 3D4Med, che il Policlinico San Matteo di Pavia definisce come “il primo laboratorio clinico di stampa 3D sul territorio italiano e una delle poche realtà internazionali del suo genere, nato dalla volontà di integrare la tecnologia di stampa 3D nella quotidiana attività clinico-assistenziale”.

Un tentativo di integrazione già evidente dalla posizione del laboratorio 3D4Med, con le sue vetrate che si affacciano sui corridoi aperti al pubblico e sulle sale di attesa della Torre B del San Matteo, aperte alla curiosità di pazienti, medici e passanti che sbirciano quelle stampanti 3D impegnate a stampare cuori e altri organi umani.

Il laboratorio clinico di stampa 3D 3D4Med recentemente inaugurato presso la Torre B del Policlinico San Matteo di Pavia. Grazie a stampanti 3D con tecnologie PolyJet, MultiJet e DLP è in grado di stampare organi per pianificazione preoperatoria con i dati ricevuti direttamente da Tac e risonanza magnetica

Naturalmente gli organi stampati in questo laboratorio – che è al servizio dei medici che operano soprattutto negli ambiti della chirurgia addominale, dell’otorinolaringoiatria e chirurgia maxillo-facciale, dell’ortopedia e della chirurgia vascolare – non hanno il compito di sostituire parti anatomiche dei pazienti, ma quello altrettanto importante di creare oggetti tridimensionali utili per supportare il chirurgo nella pianificazione ed esecuzione degli interventi, nonché per consentire ai medici di migliorare la comunicazione con i pazienti quando si tratta di illustrare una patologia e come risolverla.

Il cuore o l’arteria che avranno in mano sarà una riproduzione esatta di quelli reali, con dati ricavati dai file ottenuti direttamente da Tac o risonanze magnetiche.

Ferdinando Auricchio professore ordinario del dipartimento di ingegneria civile e architettura dell’Università di Pavia

Una collaborazione proficua

3D4Med e un’iniziativa nata dalla collaborazione tra Ferdinando Auricchio, professore ordinario del dipartimento di ingegneria civile e architettura dell’Università di Pavia e Andrea Pietrabissa, direttore della Chirurgia Generale Seconda del Policlinico San Matteo di Pavia. «È nato tutto – ci racconta Auricchio – nel 2011, quando per la tesi di laurea specialistica di Stefania Marconi, intitolata “Ricostruzione virtuale e fisica del pancreas con discriminazione semiautomatica tra parenchima sano e tessuto tumorale” si trattava di riprodurre un pancreas. Abbiamo cercato la tecnologia più adatta per ottenere una riproduzione fedele e ci siamo accorti della potenzialità della stampa 3D. Abbiamo acquistato una prima stampante 3D, ma ci siamo accorti che per far decollare veramente questa iniziativa sarebbe stato necessario avere una presenza completa presso il Policlinico di Pavia, che si è concretizzata appunto oggi in 3D4Med».

Andrea Pietrabissa direttore della Chirurgia Generale Seconda del Policlinico San Matteo di Pavia

Il team di Auricchio si occupa di tutti gli aspetti della gestione delle stampanti nel nuovo laboratorio, del trattamento delle immagini e del processo di stampa. Un lavoro che avviene in stretta sinergia con i medici del Policlinico, per individuare gli organi da riprodurre e le patologie da studiare.
«L’offerta del laboratorio – conferma Andrea Pietrabissa, direttore della Chirurgia seconda del San Matteo – nasce dall’ampia esperienza maturata negli ultimi sette anni, grazie all’avvio di una proficua collaborazione tra la mia struttura e il Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Pavia, con il supporto fondamentale di Ferdinando Auricchio. Le competenze ingegneristiche e mediche sono i due grandi ingredienti fondamentali che hanno permesso di studiare e comprendere le potenzialità della stampa 3D, per arrivare nel tempo a strutturarle in un’offerta integrata nella realtà clinico-assistenziale del San Matteo. Non si tratta ovviamene di una iniziativa mirata alla possibilità di realizzare mediante il bioprinting cellule e, in prospettiva, organi umani, ma impieghiamo resine fotosintetiche, gesso e materiali solidi in parte deformabili per pianificare l’interventistica da effettuare sul paziente e anche per finalità educative per studenti di medicina, specializzandi e pazienti».

I limiti attuali della stampa 3D

Chiediamo anche a Pietrabissa i limiti attuali, secondo il suo parere, della stampa 3D in medicina. «Un limite – risponde – è rappresentato ancora dai costi, che non sono trascurabili anche se si vanno abbassando nel tempo man mano che la tecnologia diventa più diffusa e quindi più disponibile. Ed è anche l’unico limite secondo me, perché l’impiego è limitato solo dalla nostra fantasia. È come se ci fossimo chiesti a cosa servivano le stampanti laser quando sono arrivate sul mercato. A qualsiasi cosa, come le stampanti 3D si possono impiegare per prototipazione rapida ma anche per realizzare strumentario sulla base di nuove esigenze che un operatore medico passa avere, senza dover passare attraverso tutta la consueta procedura manufatturiera che richiede la creazione di stampi molto costosi e la produzione in serie. Certamente le opportunità sono infinite».

Stefania Marconi, ricercatore presso il dipartimento di ingegneria civile e architettura dell’Università di Pavia

Le tecnologie del 3D4Med

Nel laboratorio abbiamo visto tre tecnologie di stampa 3D adatte per questi scopi, individuate dal team di Auricchio e usate in base alle necessità e ai costi: una ProJet 460plus di 3D Systems a colori con tecnologia ColorJet, una Objet260 Connex3 a colori di Stratasys con tecnologia PolyJet e una Form 2 di Formalbs con tecnologia DLP.

Presenti anche le stazioni di finitura per gli organi stampati, che vanno dai modelli in gesso per la resezione di un tumore al rene usato come guida intra-operatoria ai modelli di aorta trasparenti impiegati per pianificare il posizionamento di endoprotesi vascolari.

«In base all’organo che dobbiamo stampare – racconta Auricchio – scegliamo la tecnologia più opportuna. La tecnologia PolyJet, che stampa mediante polvere di gesso, mette a disposizione oltre un milione di colori, offre una variabilità cromatica molto affidabile e consente una stampa relativamente economica. La tecnologia DLP è ottimale per il monomateriale, ma gli oggetti che stampa sono nella maggior parte dei casi rigidi. La PolyJet, infine, è molto versatile ma i materiali di stampa sono molto cari. La usiamo spesso per riprodurre organi per la preparazione preoperatoria dei chirurghi». Ma quali sono, secondo Auricchio, i limiti che le tecnologie di stampa 3D hanno ancora? «Velocità, costi e complessità nella gestione dei file» risponde senza esitare il docente. «In particolare ci vuole ancora un elevato livello di specializzazione per gestire il flusso che va dai file Dicom prodotti dagli strumenti diagnostici all’oggetto stampato».

La stampante Form 2 di Formalbs con tecnologia DLP

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